Correre, pedalare, fare lunghe passeggiate, ma più in generale muoversi in modo corretto e con una certa continuità, genera in noi una cascata di eventi positivi che tutti conosciamo a livello istintivo (perdita di peso, miglioramento dell’umore, maggior tono muscolare, miglioramento della circolazione sanguigna, innalzamento del metabolismo, senso di autostima).
Studi attendibili sviluppati in ogni parte del mondo ne hanno confermato i benefici e nessuno, tranne qualche sedentario impenitente, ha provato a mettere in discussione gli scienziati di tutto il globo.
Cerchiamo però di porci il quesito inverso: “Cosa comporta rinunciare ai benefici dell’attività fisica?”.
Sembrerà banale ma non scontato, quello che potremo chiamare “indotto” del movimento e soprattutto delle attività aerobiche non è qualcosa di superfluo ma un presupposto indispensabile per la nostra salute.
Il primo effetto che sperimentiamo muovendoci è l’innalzamento dei ritmi metabolici. Se ci muoviamo, il nostro organismo risponde aumentando i propri consumi, seguendo una risposta naturale di tipo evolutivo. L’uomo poteva correre e cacciare con la massima efficienza solo se aveva cibo a sufficienza all’inizio della giornata. In siccità o carestia il cibo era scarso ( come oggi avviene in qualsiasi dieta ipocalorica) e la prima risposta del corpo era quella di ridurre i propri consumi. In questo modo, si sopravviveva anche se un po’ “al risparmio”. Quel risparmio non andava però a ridurre tutto il metabolismo nel suo complesso: l’organismo sceglieva alcune componenti indispensabili (cervello, muscoli) per mantenerle attive al 100% e alle altre distribuiva il rimanente. Il risultato era che le funzioni meno urgenti (ma non meno importanti) come quelle immunitarie o l’attività di fegato, reni, milza e apparato digerente venivano ad essere fortemente sacrificate. Se questi sistemi e organi, in situazione di totale sedentarietà, funzionano a mezzo servizio, ciò significa ammalarsi più facilmente, digerire più lentamente, avere tempi di recupero più lenti, sentirsi sempre più stanchi e affaticati.
Per invertire il processo BASTEREBBE INCOMINCIARE A MUOVERSI!
Il sistema circolatorio è un altro sistema molto interessato dagli effetti positivi del movimento. Numerosi studi documentano l’efficacia preventiva di poche decine di minuti quotidiani di camminata o di pedalata per una corretta prevenzione nei confronti del rischio cardiovascolare.
È importante però comprendere quanto la struttura stessa della nostra circolazione sanguigna è basata sul movimento.
Il sedentario non ha una muscolatura sufficientemente tonica per sostenere il circolo venoso di ritorno del sangue “sporco” al cuore, indispensabile per un efficiente ricambio dell’ossigeno.
L’evoluzione ha ragionato più o meno nel seguente modo: perché sviluppare pareti elastiche anche nelle vene, poiché la semplice compressione muscolare (legata al movimento) spreme il sangue riportandolo verso l’alto? Basterà rendere elastiche le pareti delle arterie: al resto ci penserà l’uomo con il suo MOVIMENTO!
Chi si trova con muscoli poco tonici soffrirà prima o poi si stasi venosa e di tutte le patologie correlate (varici, accumulo metabolici tossici) in quanto il suo sangue venoso scorrerà con maggiore difficoltà.
L’attività fisica, e quella aerobica in particolare, potenziano anche la gittata cardiaca e la capillarizzazione periferica, così che il sangue pompato dal cuore riesce a raggiungere con efficacia tutti i distretti corporei.
Rovesciamo allora il discorso. Non è che chi si muove sta meglio, chi lo fa è nella sua PERFETTA NORMALITA’ FUNZIONALE!
È il sedentario che non attivando tutte queste potenzialità sopite avrà una gittata cardiaca meno potente e i capillari meno sviluppati, con zone quindi meno irrorate e ossigenate del normale con le conseguenti patologie.
La disponibilità di ossigeno ai tessuti non ne influenza solo la funzionalità, ma induce anche sensazioni mentali di buon umore ed euforia di risposta allo stress, alla depressione, di diminuzione della percezione del dolore che sono un altro degli aspetti in grado di farci “piacere” il movimento per lo sviluppo di endorfine ed encefaline prodotte durante l’attività fisica. Da non trascurare anche il fatto che ogni volta che facciamo attività fisica mettiamo in circolazione serotonina, un neurotrasmettitore dall’effetto profondamente calmante e antidepressivo.
Nel paleolitico chi non si muoveva era un perdente, un fallito. Il suo stato fisico era incompatibile con quello di chi voleva competere per non estinguersi. Cerchiamo di condividere con i nostri lontani avi la nostra struttura mentale: annebbiata se stiamo fermi, serena se ci muoviamo.
Felici di gustare la rivoluzionaria “normalità” del nostro fare movimento.
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